Ciao, Tecla

Ho conosciuto Tecla circa 20 anni fa e da oltre 16 abbiamo lavorato insieme alla collana di giallo italiano pubblicata da Todaro.

Ci sentivamo quasi tutti i giorni e ci vedevamo spesso (un po’ meno negli ultimi tempi, da quando si era trasferita in Toscana). Le nostre giornate insieme erano soprattutto all’insegna del lavoro (ma si sa, per noi vita e lavoro erano un tutt’uno, un privilegio il nostro) e ricordo le discussioni per una virgola o un aggettivo quando si faceva il riscontro bozze, o le interminabili giornate passate nelle fiere del libro. Ma ricordo anche le nostre serate a giocare a burraco, le nostre cenette da gourmet, le conversazioni sulla letteratura e/o sugli scrittori, le risate, gli innumerevoli aperitivi bevuti e le sigarette fumate.

Mi mancherà la straordinaria editor con la quale mi confrontavo per la scelta di un titolo, una copertina, una newsletter, ma mi mancherà altrettanto l’amica, donna coraggiosa e generosa, anche se con un pessimo carattere (e quando glielo dicevo, mi chiedeva “Perché dici così? Tu non mi capisci.”). Avrebbe odiato questa sequenza di punteggiatura, ma non ho saputo fare di meglio, “Scusami Tecla”.

Quando ci siamo viste per l’ultima volta, un paio di giorni fa, le ho chiesto se preferisse che mantenessi il suo nome come curatrice della collana Impronte o che lo togliessi, nel caso in futuro avessi pubblicato qualcosa che lei non avrebbe approvato. Lei mi ha detto: “Domanda difficile, ci penso”. Poi non mi ha dato una risposta. Allora decido io: il suo nome resta dov’è. E se vorrà “tirarmi i piedi” per scelte da lei non condivise, faccia pure. Sarà un modo per tenersi in contatto.

Fa buon viaggio, Tecla.

veronica